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Cosa accade nelle emergenze sanitarie

27/1/2020

2 Comments

 
Le recenti notizie sull’epidemia di Coronavirus in Cina e la probabile pandemia associata, stanno suscitando allarme nell’opinione pubblica ed anche interrogativi sulla presenza di adeguati piani di controllo per tali situazioni.   Dai primi anni duemila, dopo l’influenza aviaria, l’OMS invitò i Paesi ad adottare piani mirati per epidemie animali e per pandemie che coinvolgano la popolazione.  L’Italia ha predisposto tali piani, articolati ai tre livelli del sistema sanitario: nazionale, regionale e territoriale locale.  É bene ricordare che una pandemia influenzale costituisce una minaccia per la sicurezza dello Stato, quindi è necessario un coordinamento ai massimi livelli.   Le linee guida nazionali per la conduzione delle azioni previste sono emanate dal Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (CCM), organo di consulenza del Ministero della Salute, che si coordina non solo con tale Ministero e con le Regioni ma pure con il Ministero degli Esteri, con gli organismi internazionali, con gli Istituti di ricerca, ricovero e cura, con il Dipartimento di Protezione Civile e con il Ministero della Difesa.   Il CCM raccorda e promuove le attività sanitarie sia di tipo preventivo che assistenziale da garantire su tutto il territorio nazionale, con i Dicasteri coinvolti per le attività extra-sanitarie e di supporto, sia per proteggere la collettività che per mitigare l’impatto sull’economia nazionale e sul funzionamento sociale.  L’obiettivo del Piano è rafforzare la preparazione alla pandemia a livello nazionale e locale, attivando canali (inclusi i servizi di medical inteligence), mobilitando risorse e prevedendo soluzioni per le varie esigenze. Ne derivano quelle che sono definite le azioni chiave per raggiungere gli obiettivi del Piano, ovvero:
​
1. Migliorare la sorveglianza epidemiologica e virologica;  
2. Attuare misure di prevenzione e controllo;   
3. Garantire il trattamento e l’assistenza dei casi;  
4. Mettere a punto piani di emergenza per mantenere la funzionalità dei servizi sanitari ed altri servizi essenziali;  
5. Predisporre un Piano di formazione;  
6. Mettere a punto adeguate strategie di comunicazione;  
7. Monitorare l’attuazione di quanto pianificato per fase di rischio, le capacità e risorse esistenti per la risposta, le risorse aggiuntive necessarie, l’efficacia degli interventi intrapresi; tale monitoraggio deve avvenire in maniera continuativa e trasversale, integrando ed analizzando i dati provenienti dai diversi sistemi informativi.  

Il Piano deve essere aggiornato periodicamente anche perché alla base dell’epidemiologia di alcuni virus c’è la nota tendenza a variare, cioè ad acquisire cambiamenti che permettono loro di aggirare la barriera immunitaria presente nella popolazione anche per chi ha già contratto l’infezione in anni precedenti (i cambiamenti possono avvenire secondo due meccanismi: a) Deriva antigenica, o b) Spostamento antigenico.   Il principio ispiratore generale del Piano è l’assunto che emergenze globali richiedono risposte coordinate e globali, dove il momento di pianificazione deve essere condiviso dai responsabili delle decisioni ed il momento dell’azione deve essere conosciuto prima del verificarsi dell’evento in modo che ognuno sia in grado di attivare il suo ruolo e le sue responsabilità.  Nel caso in cui sia dichiarato lo stato di emergenza il coordinamento spetta al Presidente del Consiglio dei Ministri.
Quanto sta avvenendo in Cina, secondo vari esperti, appare ancora sottostimato, poiché si tratterebbe di una fase di allerta 5 (su 6), nella quale si sta diffondendo in un Paese l’epidemia e le frequenti relazioni e contatti di persone e merci (si pensi ai tipi e quantità di merci importate dalla Cina, alimenti inclusi!) fanno prevedere ulteriori espansioni di tipo pandemico.
 
Antonio Virgili, Presidente nazionale del Corpo italiano di San Lazzaro
2 Comments
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