Corpo Italiano di San Lazzaro

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Bando per la Richiesta Formale per l’Avanzamento di Grado 1° semestre 2017

1/6/2017

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Da oggi è possibile fare richiesta formale, alla Segreteria Nazionale, per l’avanzamento di grado relativo al 1° semestre 2017. La scadenza del bando è il giorno 20 giugno. Il Bando prevede un avanzamento relativo alla rispettiva categoria per Truppa, Sottufficiali ed Ufficiali Inferiori.
 
Come regolamentato nel 2016 dal Comando del Corpo, è possibile fare richiesta per il passaggio di grado due volte l’anno, a giugno ed a dicembre. La richiesta deve essere indirizzata al Comando del Corpo.
 
Per fare richiesta è necessario mandare una email all’indirizzo segreteria@cslitalia.org indicando:
 
Grado Cognome Nome e Matricola
Anzianità assoluta
Attività rilevanti svolte relative al periodo successivo al precedente avanzamento
Ore di servizio relative al periodo successivo al precedente avanzamento
 
Se alcune informazioni non sono in possesso del candidato, potrà specificare la richiesta di tali informazioni nella email omettendole dalla domanda.
 
Si ricorda che il Corpo prevede la possibilità di un avanzamento di grado utilizzando un metodo meritocratico e funzionale, relativo agli incarichi ed alle attività svolte dal candidato. Il Comando del Corpo esaminerà, nel giro di 10 gg., le richieste pervenute ed inoltrerà la richiesta ufficiale per l’avanzamento al Comando dell’Unione Internazionale, il giorno 1 luglio 2017. Entro un mese la Segreteria Internazionale di Vienna provvede usualmente a comunicare la loro approvazione e ad inviare i Decreti.
Dall’anno 2018 le richieste non saranno più indirizzate direttamente dai singoli membri al Comando tramite Segreteria Nazionale, ma dovranno essere indirizzate al proprio Comandante di Distretto o Capo Gruppo che provvederà ad inoltrare le richieste.
 
E’ possibile fare domanda per un avanzamento di categoria solo dal  1° dicembre 2017, avendo svolto e superato il Corso Gestionale per Sottufficiali o il Corso Direttivo per Ufficiali. Sono aperte le iscrizioni per il Corso Gestionale per Sottufficiali o il Corso Direttivo per Ufficiali dal 1° giugno 2017 al 1° luglio 2017 indirizzando una email all’indirizzo formazione@cslitalia.org


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Il Corpo Italiano patrocina il ciclo seminariale universitario "I Diritti Umani: tra Presente e Futuro"

4/4/2017

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Il Corpo Italiano di San Lazzaro è lieta di patrocinare e collaborare alla realizzazione del ciclo seminariale "I Diritti Umani: tra Presente e Futuro" organizzato dall'associazione giovanile delle Nazioni Unite MSOI Napoli presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell'Università di Napoli "Federico II".

Gli incontri previsti sono 6 e si terranno stesso presso l'Università. Tra i relatori vi sono figure di spicco tra docenti universitari di diritto internazionale e della tutela dei Diritti Umani oltre a rappresentanti di numerose organizzazioni. Tra le organizzazioni che parteciperanno vi sono la Lega Italiana dei Diritti dell'Uomo (anch'essa patrocinante dell'iniziativa), UNICEF, Emergency, INTERSOS, UNESCO Giovani ed il Comitato di Napoli della Croce Rossa Italiana.

L'ultimo incontro, che riguarda la parte operativa degli interventi si terrà il giorno 16 maggio ed è prevista la partecipazione del Comandante del Corpo Magg. Gen. CSLI Antonio Virgili.

Le iscrizioni da parte degli studenti si sono rivelate già numerose e gli incontri si terranno tutti presso l'aula 2 del Dipartimento.


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Lazarus Union Italia aderisce alla X Giornata mondiale della consapevolezza dell'Autismo

28/3/2017

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La Lazarus Union Italia aderisce alla Giornata mondiale della consapevolezza dell'autismo il secondo anno di seguito ed il 2 aprile, alla Mostra d’Oltremare in Napoli è stata organizzata dall’Ass. "L. Vittoria" una manifestazione-convegno per promuovere la conoscenza del tema e l’integrazione delle persone autistiche dal titolo "Integrazione: un insieme di colori per i colori di un insieme".  L’iniziativa, che ha il patrocinio della Regione Campania, del Comune di Napoli, del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca ed anche della Lazarus Union, si svolgerà dalla ore 9 alle 14 nella Sala Italia della Mostra.  

Il Corpo Italiano di San Lazzaro sarà presente attraverso il suo gruppo di protezione civile ed un gazebo.  Si invitano soci, simpatizzanti  e cittadini ad aderire all’iniziativa.

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Il Corpo Italiano patrocina la "Brain Awareness Week" 2017 su "Stress, Emozioni e Malattia"

5/3/2017

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Da vari anni il Corpo Italiano di San Lazzaro - CSLI Italia, assieme al Centro Studi Internazionali, danno il patrocinio ed organizzano in Italia alcuni eventi nell’ambito della settimana internazionale della consapevolezza sul cervello “Brain Awareness Week” promossa dalla statunitense Dana Foundation sin dal 1995.   La Dana Foundation è una organizzazione filantropica privata con sede a New York che finanzia progetti e borse di studio nel campo scientifico, in particolare nelle neuroscienze.   La Fondazione supporta la Dana Alliance for Brain Initiatives e l’European Dana Alliance for Brain, organizzazioni senza scopo di lucro sostenute da autorevoli neuro scienziati, che promuovono la ricerca sul cervello e la consapevolezza dell’importanza di tale ricerca.   Il Centro Studi Internazionali, fondato nel 1992, è un centro indipendente di studio, informazione e formazione prevalentemente sulle relazioni internazionali.  Accreditato presso l’Academic Impact delle Nazioni Unite, è in rete con numerosi organismi ed enti di studio e ricerca. 
La Brain Awareness Week (settimana internazionale sulla consapevolezza del cervello) vuole richiamare l’attenzione sull’importanza della ricerca nel campo delle neuroscienze al fine di migliorare la conoscenza del cervello e del suo funzionamento, premesse indispensabili per migliorare prevenzione, cura ed in generale per il benessere delle persone in molti ambiti della vita.  Non solo gli anziani, ma anche bambini ed adulti si trovano a dover fronteggiare disturbi poco noti o per i quali non ci sono modalità efficaci ci intervento.  Contemporaneamente, in società nelle quali i ritmi di vita sono frenetici, l’ansia e lo stress molto diffusi, l’afflusso di informazioni, immagini e stimoli costante e crescente, si avverte sempre più il bisogno di migliorare il proprio benessere mentale ed emotivo oltre che fisico. 
L’incontro di quest’anno avrà per tema:  “Stress, emozioni e malattia”, avrà luogo il 23 marzo, alle 18.30 presso il centro dibiomed  (Via Tarsia n. 64 Napoli piazza Dante) facilmente raggiungibile con metro linea 1 e 2, Circumflegrea e Cumana, funicolare di Montesanto.  Ne discuteranno, con un approccio olistico ed interdisciplinare, tre esperti in psico-neuro-endocrino-immunologia: Dario Di Criscio (medico agopuntore), Tommaso Longobardi (psichiatra e psicoterapeuta) ed Antonio Virgili  (riflessologo e counselor per il benessere psicosomatico).  L’incontro, aperto al pubblico, è destinato alla divulgazione scientifica dei nuovi approcci di ricerca e terapia.


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Lazarus Union Italia aderisce a "Bullismo e Cyberbullismo un fenomeno in crescita" 2017

23/2/2017

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Sensibilizzare sul tema del Bullismo e del Cyberbullismo è l'obiettivo dell'incontro del 17 marzo presso l'Auditorium dell'Istituto Salesiani al Vomero di Napoli.
"Il 52% degli studenti tra gli 11 ed i 17 anni ha subito comportamenti offensivi o violenti dai propri coetanei. La percentuale sale a 55.6% tra le femmine ed a 53.3% tra i ragazzi dagli 11 ai 13 anni" (Rapporto Censis 2016).

Durante l'incontro si confronteranno neuropsichiatri infantili, dirigenti scolastici ed agenti della Polizia Postale e delle Comunicazioni.

Già l'anno scorso la Lazarus Union Italia ed il Corpo Italiano di San Lazzaro hanno patrocinato l'evento assieme al Comune di Napoli e SINPIA. L'evento è organizzato dall'associazione "Chicco d'amore" presieduta da Filiberto Molese.

Quest'anno saranno presenti il Comandante per l'Italia Magg. Gen. CSLI Antonio Virgili assieme ad alcuni ufficiali in rappresentanza della Lazarus Union ed un gruppo di protezione civile del Corpo in supporto ed assistenza alla manifestazione.

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La vulnerabilità sociale: un fattore sottostimato nell’analisi dei rischi da catastrofe

14/1/2017

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  Secondo la definizione delle Nazioni Unite, una catastrofe, o disastro, è ‘un evento concentrato nel tempo e nello spazio, nel corso del quale una comunità è sottoposta a un grave pericolo ed è soggetta a perdite dei suoi membri, o delle proprietà o dei beni, in misura tale che la struttura sociale è sconvolta e risulta impossibile lo svolgimento delle funzioni essenziali della società stessa’.     Oggi, nel mondo, le situazioni di crisi e disastro sono molteplici ed  è molto complesso individuarne i punti comuni: le cause che innescano i disastri sono numerose, così come molteplici sono le tipologie degli eventi capaci di causare gravi danni. Se da una parte terremoti ed eruzioni seguono tempi di manifestazione geologici, misurati in termini di centinaia, migliaia o milioni di anni, le mutazioni climatiche, influenzate principalmente da variabili astronomiche, seguono trend secolari che possono avere impatti anche nel breve termine.  Infine, gli eventi causati da incidenti industriali, o da altre cause tecnologiche ed umane, sono privi di regolarità ma possono essere almeno in parte associati ai livelli di efficienza e ricchezza di una società.     Se è vero che i fattori naturali (sismicità, aree vulcaniche, ecc.) concorrono a determinare le condizioni per un disastro, come giustamente affermò il sismologo Richter, non ne sono responsabili. Infatti non sono i terremoti che uccidono le persone, bensì gli edifici mentre cadono, e situazioni analoghe si verificano pure per altri tipi di eventi.  Questa semplice considerazione evidenzia il fuoco del problema:  spesso non sono gli eventi che causano il disastro, ma la loro interazione con l’ambiente antropizzato.  Fenomeni che sembrano avvenire per la prima volta in una determinata area, si sono probabilmente già verificati più volte, ma non avendo avuto gravi conseguenze sono passati inosservati. Ad esempio, in Italia, varie alluvioni hanno interessato le aree pianeggianti che si formano lungo i meandri dei fiumi e che sono state inopportunamente occupate da attività industriali, quando non da quartieri residenziali. Il panorama delle città e dei borghi d’Italia, nel corso di molti secoli, è il risultato di un continuo compromesso fra natura e popolazioni, dove le risorse derivanti dalla terra, dai commerci e dalle guerre, si sono bilanciate con la fragilità dei luoghi e l’ostilità di altri uomini.
  A partire dal XIX secolo, la crescita della popolazione, associata all’industrializzazione, allo sviluppo della scienza e della medicina, ha alterato sempre più il faticoso equilibrio che si era realizzato in migliaia di anni. In particolare, con il secondo dopoguerra, il territorio di molti Paesi ha subito una duplice trasformazione: da una parte l’abbandono dell’agricoltura e la crescita della società industriale ha portato ad una urbanizzazione di massa, dall’altra il trasporto individuale ha causato una espansione macroscopica delle aree costruite. La speculazione finanziaria ha ulteriormente favorito questo fenomeno di crescita urbana che si è poi slegato dalla effettiva richiesta abitativa. Le abnormi città capitali di molti Paesi in via di sviluppo ne sono un esempio eclatante, così come l’espansione disordinata delle aree urbane di numerosi Paesi sviluppati.      Questo processo, manifestatosi in tempi rapidissimi, grazie anche al progresso delle tecniche edilizie ed alla possibilità di ampi guadagni ottenuti con le attività edilizie stesse, ha completamente alterato il paesaggio, senza alcuna considerazione della fragilità e del difficile contesto idrogeologico.  La trasformazione sociale, da un sistema sostanzialmente basato sull’agricoltura ad una popolazione inurbata in città sempre più grandi, ha ulteriormente peggiorato il rapporto uomo-ambiente. In breve tempo si è passati da un paese disseminato e controllato da agglomerati contadini autosufficienti, i cui componenti provvedevano anche alla conservazione quotidiana dell’ambiente, a estese aeree urbane, talvolta prive dei connotati organizzativi di città vere e proprie.  Perciò il Germani aveva acutamente associato le dinamiche dell’urbanizzazione a quelle della modernizzazione.  Una struttura sociale divenuta sempre più fluida e frammentata, si è affidata totalmente alle amministrazioni, locali o statali, delegando loro ogni provvedimento basato sulla conoscenza della natura specifica e sulle possibilità di sfruttamento del territorio. In questo modo, mentre gran parte della popolazione restava nella completa ignoranza dei possibili danni cui poteva essere esposta, le amministrazioni locali sono state, e in larga parte continuano a essere, inadeguate ai nuovi compiti, per la mancanza di strumenti culturali, economici e normativi, indispensabili per la preservazione dell’ambiente e la prevenzione dei rischi derivanti dalla sua profonda alterazione.      Lo sviluppo incontrollato dell’urbanizzazione in zone a elevato rischio, purtroppo particolarmente estese lungo tutta la penisola italiana, ha esposto un numero sempre crescente di persone alle conseguenze di alluvioni, frane, terremoti ed eruzioni. I disastri causati dal dissesto idrogeologico, frequenti in Italia, non nascono da un’occasionale dimenticanza, o mancata allerta, ma sono il risultato della trasformazione del Paese che non si è dotato di meccanismi di salvaguardia atti a contrastare la crescente ignoranza ambientale della propria popolazione unita alla voraci speculazioni miranti ad un guadagno veloce.  
  Previsione e prevenzione sono due approcci diversi ai fenomeni naturali e alla loro interazione con l’ambiente.   Previsione significa essere capaci di identificare la dinamica di un fenomeno naturale o sociale, e di conseguenza essere in grado di individuare il momento in cui raggiungerà una fase critica, quantificandone l’intensità.  Prevenzione significa essere in grado di individuare gli effetti che un fenomeno naturale o sociale può avere sull’ambiente e, di conseguenza, individuare le azioni capaci di ridurne l’impatto.       I progressi maggiori si sono indirizzati verso la prevenzione ma con  carenze relative alle caratteristiche sociali. Ad esempio, in Italia è ormai ben definito il quadro delle zone suscettibili di essere colpite da terremoti che possono provocare accelerazioni superiori a un determinato valore e la distribuzione geografica delle zone in frana o soggette a possibili inondazioni. Altrettanto conosciute sono le aree che possono essere interessate da fenomeni eruttivi.   Ciò che manca è il trasferimento di queste conoscenze a livello di autorità locale che, con le dovute differenze, sembrano marcare un ritardo nell’adeguarsi al progresso delle conoscenze scientifiche e normative formulate a livello nazionale.
  L’approccio ancora oggi prevalente parte dalla definizione delle caratteristiche dell’evento (naturale o artificiale) per ricostruire il rischio e la vulnerabilità, quest’ultima tuttavia, in modo evidente, si manifesta sempre più diversificata in relazione a fattori sociali, economici e culturali.  La vulnerabilità fisica dipende sempre più di frequente dalla vulnerabilità sociale; per portare un esempio, a parità di evento sismico, trovarsi in un’area del Giappone con edifici antisismici ed infrastrutture adeguate risulta molto meno rischioso che non trovarsi in un borgo appenninico privo di edilizia antisismica e con infrastrutture carenti.   Semplificando, si potrebbe generalizzare dicendo che trovarsi in un area più ricca, che ha investito in tecnologie preventive, risulta nettamente meno rischioso che non trovarsi in un’area povera dove non si è investito e realizzato ciò che le conoscenze tecnico-scientifiche avrebbero suggerito di realizzare.    In alcuni casi, il deficit è dovuto alla cattiva e superficiale amministrazione, in altri alla carenza di fondi per gli interventi.  Così, probabilmente, un edificio con minore manutenzione perché abitato da persone con minore capacità di spesa, rischia più di un edificio del tutto simile ma con migliore (e più costosa) manutenzione.   La mitigazione dei rischi ha un costo che socialmente e politicamente bisogna decidere di affrontare se si vogliono ridurre i danni a persone e cose.  Non solo lo Stato è chiamato a rispondere in materia, ma pure i cittadini devono essere attenti a richiedere tali iniziative (ciò è evidente specialmente in contesti democratici nei quali i politici cercano di ingraziarsi, almeno a parole, l’elettorato).   Accanto a conoscenze ed azioni strettamente tecnico-scientifiche (ingegneristiche, geofisiche, geologiche, ecc.), emerge il ruolo strategico di quelle comunicative, informative, gestionali, sociologiche, amministrative, per ridurre - in partenza – la vulnerabilità di alcune aree e/o popolazioni e mitigare le conseguenze delle crisi.  Un’iniziativa di politica pubblica per azioni collettive di intervento, non è secondaria e non è relegabile solo al dopo evento, cioè a crisi già verificatesi, deve invece svolgere un’opera preventiva riducendo per quanto possibile pericoli, rischi e vulnerabilità.
 Tutte le risorse: naturali, umane, sociali, fisiche, economiche, politiche, entrano in gioco e possono determinare situazioni di marginalizzazione e quindi di vulnerabilità più alta di quella che ci si aspetterebbe.  Alcuni autori hanno descritto la possibilità di definire almeno quattro tipi di marginalizzazione: geografica (le risorse naturali), sociale (le risorse umane e sociali), economica (le risorse fisiche e quelle economiche) e politica (attitudine e capacità di prospettare soluzioni).
Ricordando che il Rischio è traducibile nell'equazione:  R = P x V x E,  dove
P = Pericolosità: è la probabilità che un fenomeno di una determinata intensità si verifichi in un certo periodo di tempo, in una data area. 
V = Vulnerabilità: la Vulnerabilità di un elemento (persone, edifici, infrastrutture, attività economiche) è la propensione a subire danneggiamenti in conseguenza delle sollecitazioni indotte da un evento di una certa intensità. 
E = Esposizione, o Valore esposto: è il numero di unità (o “valore”) di ognuno degli elementi a rischio (es. vite umane, case) presenti in una data area.
 
 Si osserva così il verificarsi di una progressione della vulnerabilità che parte dalle precondizioni di primo livello (es.: scarsità di infrastrutture e loro carente manutenzione – si pensi al Mezzogiorno d’Italia!-, povertà diffusa, ecc.);  poi dalle situazioni di secondo livello (mancanza di scelte politiche ed amministrative coerenti, carenza di addestramento, riduzione di fondi per destinarli ad altre attività,  alta densità demografica, urbanizzazione caotica, ecc.);  quindi si arriva alle condizioni di partenza di scarsa sicurezza (edifici malandati, localizzazioni inappropriate, bassi livelli di reddito che determinano , ecc.).  Tali tre livelli, come evidenziato nel grafico (vedi), determinano i livelli di vulnerabilità e quindi, indirettamente, di rischio, che non sono casuali o legati al fato.

  In molte aree le cause della vulnerabilità sono in buona parte sociali più che dipendenti da un calcolo statistico astratto medio, o teorico, perciò una riduzione effettiva delle vulnerabilità e dei danni registrati (in sintesi del rischio) dopo le crisi, sono conseguenza di scelte, azioni e risorse ben identificabili.  Gruppi socio-economici diversi presentano livelli diversi di vulnerabilità, come confermato pure a livello internazionale. La stessa capacità di resilienza – cioè la capacità di affrontare e superare un evento critico - include la disponibilità di risorse sociali e materiali oltre che psicologiche e, non ultimo, di un livello di salute (e sanitario) accettabile.  Le dimensioni degli eventi di crisi, la loro ampiezza fisica e demografica, possono determinare sovraccarichi di richieste che risultano al di sopra delle capacità organizzative e dei mezzi disponibili, specialmente qualora le azioni preventive e le infrastrutture non siano state adeguatamente predisposte per le eventualità note o stimate di un dato territorio.  Le aree di pericolosità sismica, vulcanica, da maremoto, da esondazione, ecc. sono ampiamente note, sebbene le conseguenze di tali conoscenze siano state spesso nulle a causa della ignavia e delle incompetenze di amministratori, politici e gestori che sono intervenuti poco o nulla.   Una vulnerabilità misurata senza tener conto delle caratteristiche specifiche della popolazione presente su un dato territorio è un valore astratto, poco utile nelle operazioni concrete di intervento.  La presenza di anziani, di malati, di fasce deboli in generale, le carenze o le inefficienze nel modificare in tempo utile situazioni a rischio, non sono fattori secondari.   L’accesso e l’accessibilità alle risorse del territorio e la loro distribuzione, o assenza, producono un effetto che può grandemente amplificare o ridurre le conseguenze di una crisi o di un disastro.  Così come la pressione demografica ed urbana, od il livello di degrado ambientale già raggiunto causato da azioni umane, non possono essere considerati fattori secondari o marginali, sono elementi portanti della vulnerabilità e quindi del rischio stesso.  L’invecchiamento demografico, l’impoverimento di alcune aree per emigrazione dei più giovani ed istruiti ed altre variabili analoghe, limitano le potenzialità presenti ed impongono aggiustamenti anche per i piani di intervento.   Ciò va sommato alle variazioni climatiche ed ambientali causate dal degrado sistematico, dallo sfruttamento avventato del territorio e delle sue risorse, dal disboscamento e dalla alterazione degli equilibri idrogeologici, dalla disseminazione sul territorio di concentrazioni di rifiuti (discariche urbane, industriali, ecc.) che non essendo sempre a norma costituiscono altrettanti fattori di potenziale aggravamento delle crisi.
   Andrebbero meglio valutati i costi umani, sociali ed ambientali, di medio e di lungo periodo confrontandoli con quelli della prevenzione e della messa in sicurezza, che non andrebbe limitata alle situazioni di rischio imminente da eventi.  Senza bisogno di calcoli sofisticati, si intuisce come investimenti limitati, ma continui nel tempo, producano effetti migliorativi ad un costo finale molto più basso rispetto ad interventi di urgenza post crisi nei quali c’è l’aggravio di danni ingenti da riparare (oltre ai costi umani in termini di feriti, morti, disturbi mentali).  Purtroppo questi ultimi costi umani sono abitualmente ignorati poiché ricadono essenzialmente sulle famiglie e sui singoli, e solo marginalmente sulla collettività.   Una società parzialmente disgregata, che sia pervasa da sfiducia, egoismo e indifferenza reciproci difficilmente riesce a produrre benessere e miglioramento delle sue stesse componenti.  Letteralmente, non si produce e non si garantisce sicurezza, che nell’origine latina del termine significa correttamente “senza preoccupazione” (sine cura).  La fragilità sociale non è quindi solo quella dei portatori di handicap o delle persone affette da qualche disturbo o malattia, come in analisi orientate al servizio sociale è abitualmente indicato, ma è una fragilità di ampi settori della società, o della società stessa in senso ampio. Si tratta di quelle situazioni di fragilità date dai parametri demografici, economici, di disgregazione sociale o di emarginazione che minano e indebolsicono, di fatto, in situazioni di crisi, le possibilità di fuga, il reperimento di soluzioni alternative, la sicurezza delle proprie abitazioni.  La stessa psicologia delle emergenze sottolinea che persone provate fisicamente e/o psichicamente sono più suscettibili di riportare danni in situazioni di emergenza, e frequentemente li riportano in misura maggiore. Per tale motivo, potrebbe essere utile articolare fragilità e resilienza distinguendo:
  1. La fragilità fisica da esposizione: cioè la suscettibilità degli insediamenti di essere colpiti da fenomeni connessi alla loro localizzazione (es.: aree sismiche, vulcaniche, ecc.) e per la assenza di resistenza fisica  (es.: strutture fatiscenti o già pericolanti);
  2. La fragilità socio-economica: ovvero la predisposizione a soffrire danni a causa dei livelli di marginalità, povertà, segregazione, dellel condizioni svantaggiate e quindi della debolezza connessa a fattori economici e sociali;
  3. La fragilità per mancanza di resilienza sociale:  prodotta dalle limitazioni di accesso alle risorse od alla loro mobilizzazione di un dato insediamento o gruppo sociale, che limitano le capacità di risposta e di assorbire l’impatto della crisi.
  Secondo Ulrich Beck: la globalizzazione, l’individualizzazione, la disoccupazione, la rivoluzione dei generi ed i rischi globali della crisi ecologica e della turbolenza dei mercati finanziari, sono un insieme che non può essere considerato lo sfondo entro il quale si verificano altre trasformazioni sociali, ma sono i parametri principali in mutamento dai quali non si può prescindere.  Per tale motivo lo studioso parlava di una “società del rischio” e di una sorta di seconda modernizzazione, con una fragilità sempre meno “prevedibile”, quello che Castells definirebbe uno “stato di ordinaria insicurezza”.   Anche Gino Germani aveva preconizzato una società modernizzata sempre meno facilmente gestibile e maggiormente sottoposta a rischi da vulnerabilità.     L’indebolimento, negli ultimi decenni, di tre istituzioni centrali per le persone: 1. il mercato del lavoro, dove si è passati da una logica di piena occupazione generalmente con contratti a tempo indeterminato ad un rapporto di flessibilità, termine con il quale si vela la precarietà, con retribuzioni spesso in decremento;  2. la famiglia, dove si è passati da una ordinaria stabilità delle relazioni a un frequente riposizionamento, intreno e della famiglia nel contesto sociale, che porta a una pluralità di nuclei familiari e di forme di convivenza ed una difficoltà di coltivare le relazioni oltre che di confidare in esse;   3. il welfare state, che da sistema di protezione di stampo universalistico e centralizzato capace di rispondere a bisogni standard e oggettivi, è passato ad una visione de-istituzionalizzata, sempre più privatistica, che però non riesce a rispondere ai bisogni, come accadeva prima (ad esempio si enfatizzano procedure individuali assicurative o sanitarie ma non si garantiscono redditi adeguati a che ciò possa avvenire!).  L’incertezza che ne deriva limita la capacità di prevedere e calcolare gli effetti dell’azione, ovvero la propria dimensione di vita nel tempo.  Quali azioni potrò intraprendere  e sostenere domani?  Avrò un lavoro o una retribuzione adeguati?  Quali dei bisogni presenti potrà essere soddisfatto dagli esiti di una azione proiettata nel tempo a fronte di una precarietà diffusa?  La situazione  coinvolge inevitabilmente anche la stabilità o meno delle relazioni sociali su cui si basa la stessa possibilità di scelta e di decisione. Queste logiche sociali prevalenti, ispirate al neoliberismo diffuso in sempre più vasti ambiti culturali e sociali (logiche però non praticate dalle concentrazioni finanziarie e di potere) hanno indebolito e reso più fragile la trama sociale, sia nella sua struttura che nelle dinamiche di trasformazione.  Tale aspetto della vulnerabilità coinvolge non solo la prevenzione ma anche, forse soprattutto, la gestione degli eventi.
  Poiché il Rischio, come prima ricordato, è il prodotto di vulnerabilità, pericolosità ed esposizione, considerato che la pericolosità risulta usualmente meno modificabile, la riduzione del rischio graverà in larga misura sulla capacità di analizzare le fragilità e vulnerabilità sociali e di agire su di esse in modo preventivo.  La riduzione e la gestione del rischio, quindi, per essere efficaci, devono essere il più possibile in sintonia con le caratteristiche generali delle società nelle quali si vogliono approntare strumenti di prevenzione, riduzione ed intervento per crisi e catastrofi. Non ultimo, dopo le crisi e catastrofi, risulta più difficile ricostruire le reti sociali e dare un senso di speranza connessa ad una progettualità che si proietta nel futuro.

Prof. Antonio Virgili

© Testo tratto da materiali del Prof. A. Virgili ed utilizzato sia per i seminari interni del CSLI Italia che per quelli pubblici su “Rischi e prevenzione di protezione civile” e di “Psicologia dell’emergenza” tenuti presso la Fondazione Humaniter nel 2016.

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Aggiornamento del regolamento delle uniformi

7/11/2016

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Rilasciata dalla sede internazionale di Vienna il regolamento delle uniformi 6.2, con numerose modifiche rispetto alle versioni precedenti e che entrerà in vigore dal 1 gennaio 2017 a livello internazionale.

Quest'ultima versione è quella che più di tutte rivede e regola in maniera più minuziosa ed attenta tutte le parti della divisa, dalle decorazioni ai simboli. Proprio in questo campo il regolamento ha la novità più evidente. I simboli (fino ad ora croci) che venivano utilizzati per contraddistinguere i gradi, adesso sono sostituiti da "rosette". (per vedere la tabella aggiornata con i nuovi simboli clicca qui). Questa scelta è dovuta al fatto che con la rapida espansione della Lazarus Union a livello internazionale, l'utilizzo di simboli che richiamano alla tradizione cristiana non erano sempre di agevole utilizzo in paesi di diversa religione.

Un'altra importante novità riguarda la figura del responsabile per il corretto utilizzo dell'uniforme, che nel Corpo Italiano corrisponde al ruolo del Responsabile POAF (Personale Operativo ed Addestramento Formale). Infatti, essendo il nuovo regolamento molto più accurato, competo ed anche restrittivo sull'utilizzo della divisa, sono aumentati i poteri del responsabile, che può a propria discrezione, non permettere ad un membro del CSLI di partecipare ad una manifestazione se la divisa è palesemente in disordine.

Il Corpo, entro l'entrata in vigore del nuovo regolamento, aggiornerà tutti i propri soci sulle novità.


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#LiveToTell : uniti nella riduzione dei disastri

22/10/2016

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Al nostro paese non è estraneo il concetto di catastrofe naturale, essendo l'Italia una nazione ad elevato rischio sismico. Infatti, non bisogna spingersi troppo in là con la memoria per far riaffiorare le immagini delle macerie di Amatrice, distrutta dal terremoto del 24 Agosto scorso, che ha provocato 295 vittime, o quelle del terremoto dell'Aquila del 2009, con 309 morti.
Ma il nostro, oltre ad essere un paese a rischio sismico, è spesso stato afflitto da altre tipologie di calamità naturali quali maremoti, frane, smottamenti e alluvioni. Solo a Genova, per fare un esempio, sono stati registrati più di 88 decessi a causa del fenomeno ricorrente delle alluvioni. Ci si chiederà come scongiurare queste terribili situazioni. Semplicemente non si può. Tali fenomeni sono naturali, quindi non dipendono o sono causati dall'uomo. In alcuni casi però, l'antropizzazione del territorio non fa altro che far aumentare le probabilità che tali eventi creino danni alle cose o alle persone. Non bisogna però credere che l'impossibilità di fermare questi eventi naturali significhi non poter in alcun modo difendersi da essi.

Alcune armi in nostro possesso sono la prevenzione e l'informazione: prevedere scientificamente quando questi fenomeni possono realizzarsi, ci mette in posizione di vantaggio, vantaggio che deve essere sfruttato sapientemente, applicando le giuste modalità e procedure. Per sensibilizzare e dare maggior consapevolezza su questi eventi, le Nazioni Unite istituirono nel 1989 la Giornata internazionale per la riduzione dei disastri, che viene celebrata ogni 13 ottobre. Quest'anno in particolare la ricorrenza assume un significato aggiuntivo dato dall'implementazione dell'accordo firmato a Sendai nel 2015, il cui scopo è quello di ridurre drasticamente sia il numero delle perdite di vite umane sia quello delle perdite materiali, nel corso dei prossimi 15 anni.

In occasione della Giornata internazionale per la riduzione dei disastri, si è svolta a Napoli, presso la sede della LIDU, il primo di una lunga serie di incontri organizzati dal Corpo italiano di San Lazzaro sul tema. L'incontro, che ha visto la partecipazione di diversi enti e ordini, ha come scopo la creazione di un documento finale che contenga un resoconto dettagliato di tutto ciò che è stato trattato nei singoli incontri, e che costituisca, in via definitiva, una proposta concreta alle problematiche collegate ai disastri sopracitati. Dal primo dibattito è comunque emerso che l'elemento più importante resta la sensibilizzazione dei cittadini, ovvero diffondere le informazioni basilari su come comportarsi in una situazione di pericolo causata da un disastro naturale. Per questo motivo il Corpo italiano di San Lazzaro, in quanto associazione rientrante nel sistema di Protezione Civile, ha portato in diversi istituti secondari il progetto #iononrischio.

Di Valentina Cotugno


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Giornata Internazionale per la Riduzione dei Disastri 2016

6/10/2016

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Il giorno 13 ottobre 2016, si terrà a Napoli la Giornata Internazionale per la Riduzione dei Disastri, voluta dal Corpo Italiano di San Lazzaro che ha ripreso ed organizzato a livello locale l'evento firmato UNISDR, l'Ufficio delle Nazioni Unite per la Riduzione dei Disastri.

Numerose le attività previste per il 13 ed i giorni precedenti, nei quali gli operatori del Nucleo Operativo del CSLI Italia saranno presenti nelle scuole per sensibilizzare i ragazzi alla cultura della prevenzione ed avvicinarli al mondo della protezione civile.

Tante le associazioni, gli enti e gli ordini coinvolti nell'evento, tecnici e meno specializzati, che hanno voluto patrocinare o aderire alla Giornata. Culmine delle manifestazioni sarà il seminario-dibattito che avrà luogo il 13 pomeriggio a Napoli, alla sede della LIDU Napoli (Via Santa Brigida 76) che vedrà tra gli altri, l'intervento del Comandante del Corpo Magg. Gen. Antonio Virgili.

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I 150 anni della Chiesa anglicana a Napoli

30/3/2015

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Il 29 marzo 2015 c'è stato l'anniversario per i 150 anni dalla  fondazione della Chiesa anglicana in Napoli, grazie alla concessione di un suolo da parte di Giuseppe Garibaldi.  Il Vescovo d'Europa della Chiesa Anglicana, Rev. Dr. R. Innes ha presenziato la cerimonia di celebrazione cui hanno partecpato numerosi rappresentanti della comunità anglofona locale, della NATO, del Regno Unito, degli Stati Uniti d'America, dell'Order of St. David of Wales ed il Comandante per l'Italia del CSLI.
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